Ella Freeman Sharpe (1930) psicanalista inglese, che fece parte del cosiddetto “gruppo di mezzo” insieme a Winnicott, Balint, Fairbairn, Payne e Brierley parla dell’ansia nevrotica che “è dovuta ad un pericolo che si para di fronte all’Io non dall’esterno, ma dall’interno. Più grande è la minaccia che incombe sull’Io da parte di questo pericolo ignoto e più disperata risulterà la spinta dell’Io per mettersi al sicuro. Da qui deriva ogni tipo di vicissitudine psichica. Abbiamo l’intera gamma dei disturbi psichici. Qualunque forma di inibizione è da ricondursi a questa ansia. Ogni sublimazione riuscita rappresenta un metodo per gestirla. Dietro la stessa sofferenza fisica l’Io può trovare rifugio dalle più terrificanti sciagure che minacciano la sua esistenza”.
Per l’autrice in analisi si dovrà portare alla consapevolezza il conflitto inconscio che causa l’ansia rafforzando l’Io del paziente. “Per gestire gli stati ansiosi in maniera proficua, dobbiamo essere informati su cosa sta sperimentando il paziente e sul perché lo stia sperimentando.[…] La minaccia che mette in pericolo l’esistenza dell’Io è il terrificante Super-Io inconscio evocato dai desideri inconsci dell’Es. Nel momento in cui le pulsioni inconsce acquistano slancio e si sforzano di arrivare alla meta, ecco che il Super-Io inconscio insorge in maniera proporzionale.[…] Alla fine, la risoluzione dell’ansia si realizza tramite il nostro mettere in relazione questi temuti desideri inconsci con la figura dell’analista, mostrando anche che l’analista è diventato il rappresentante di quella feroce parte della mente cui è demandata la punizione”.
“La tecnica della psicoanalisi. Sette lezioni” (1930). Luca Sossella Editore. Bologna. Italia.