Charles Darwin (1809-1882) scrisse la sua autobiografia per i suoi figli senza sapere che sarebbero stati un giorno pubblicati e probabilmente sottostimando la portata dell’influenza che la propria teoria sull’evoluzione della specie avrebbe avuto su tutto il mondo scientifico ed oltre.
Il ritratto tratteggiato nell’autobiografia è quello di un uomo modesto che preferiva la compagnia dei propri familiari stretti a quella degli studiosi e degli uomini di scienza che lo circondavano.
Lo scienziato, in questi testi autobiografici, parla non solo del proprio amore per la botanica, l’etologia e la scienza ma anche della propria vita personale e del rapporto con i propri cari.
In particolare, mi ha colpito che Darwin prese le distanze da suo nonno Erasmus Darwin (nonno paterno) che era stato uno studioso e filosofo e che molti anni prima della formulazione della teoria del nipote sull’evoluzione della specie affermava, in riferimento alla selezione sessuale, che: “La causa finale di questa competizione fra i maschi sembra risiedere nel fatto che gli animali più forti e più attivi sono quelli che riproducono la specie, la quale perciò risulta migliorata”. Erasmus dimostra in questa frase di intravedere l’idea della selezione naturale ma non arrivò a formulare una teoria ben strutturata come fece invece il nipote sessantacinque anni dopo. Sorprendentemente Charles, nella sua autobiografia, sostiene di non essere stato influenzato dai lavori del nonno e penso che questo sia stato un suo modo per emanciparsi emotivamente dalla figura del nonno e conseguentemente del padre, Robert Darwin, uomo molto autoritario e severo che cercò in maniera attiva di impedire che il figlio partisse per il viaggio sulla Beagle che avrebbe invece segnato in maniera indelebile la sua storia personale e professionale. Per fortuna Charles riuscì a spuntarla sulla volontà paterna e partì per il viaggio intorno al mondo e divenne lo scienziato di fama mondiale che tutti noi conosciamo, ma soffrì per tutta la vita di numerosi sintomi psicosomatici che limitavano e condizionavano le sue attività quotidiane. Cercò infatti per tutta la vita di trovare una soluzione a tali problemi di salute ma non ci riuscì mai anche se già all’epoca alcuni medici sospettavamo l’origine psichica dei suoi disturbi e lo stesso Darwin nell’autobiografia sottolinea i vantaggi secondari di tali sintomi sulla propria vita personale e lavorativa. Ad oggi possiamo sospettare che i sintomi psicosomatici fossero collegati al conflitto scaturito dall’emancipazione dalla figura paterna. Purtroppo, Darwin non ha potuto beneficiare del trattamento psicoanalitico (la psicoanalisi nasce nel 1896, quando Freud la denomina così) ma psicoanalisi e teoria evoluzionista dialogheranno nei decenni a seguire e saranno considerate, a ragione, due delle più influenti concettualizzazioni che cambieranno per sempre la scienza e la nostra cultura.