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La connessione psiche

Freud fu il primo ad affermare che “L’Io è innanzitutto un’entità corporea, non è soltanto un’entità superficiale, ma anche la proiezione di una superficie e […] l’Io è in definitiva è derivato da sensazioni corporee, soprattutto delle sensazioni provenienti dalla superfice del corpo” (Freud, 1922, p.488-489).

Attraverso queste affermazioni Freud sottolinea l’indissolubilità dell’unità corpo-mente che viene riconosciuta anche dai recenti studi delle neuroscienze.

Winnicott parla di “collusione psicosomatica” riferendosi all’esito positivo di un processo di personalizzazione (“psyche in-dwelling in the soma”) che può avvenire attraverso l’handling e l’holding della madre quando il neonato si trova nella condizione di dipendenza assoluta da essa.

Per Winnicott un fallimento del processo di integrazione o di insediamento della psiche nel corpo porta la persona a sentire la propria mente come un’entità separata da se’ e dal proprio corpo.

Nel saggio del 1970 “On the basis for self in body” contenuto in “Esplorazioni psicoanalitiche” Winnicott parla di questo processo di collusione tra psiche e soma:

“Ho inteso il termine ‘personalizzazione’ – egli scrive – come una sorta di forma positiva di depersonalizzazione, termine usato e discusso ampiamente. Alla parola ‘depersonalizzazione’ sono stati attribuiti diversi significati ma nel complesso essi riguardano la perdita di contatto del bambino o del paziente con il proprio corpo e con il funzionamento corporeo, il che implica l’esistenza di qualche altro aspetto della personalità. Con il termine ‘personalizzazione’ volevo attirare l’attenzione sul fatto che l’inserirsi di quest’altra parte della personalità nel corpo, e lo stabile legame con qualunque cosa si possa chiamare ‘psiche’, rappresenta in termini di sviluppo una conquista sana. E’ una conquista che si stabilisce gradualmente, e non è certo patologica, ma un vero segno di salute che il bambino possa utilizzare relazioni in cui ripone la massima fiducia e che in tali relazioni talvolta si disintegri, si depersonalizzi e, per un momento, possa perfino abbandonare il bisogno, quasi fondamentale, di esistere e di sentirsi esistente. Le due cose quindi vanno insieme nello sviluppo sano: il senso di fiducia in una relazione offre l’opportunità di una serena inversione dei processi integrativi, mentre allo stesso tempo facilita la tendenza generale innata che il bambino ha verso l’integrazione e, come non mi stanco di sottolineare in questo scritto, verso l’insediamento [indwelling] della psiche nel corpo e nel funzionamento corporeo“ (1970, pp. 284-285).

Winnicott quindi sottolinea come l’insediamento psicosomatico sia una conquista non scontata nel bambino e che questo processo perduri per tutta la vita dell’individuo. 

In alcuni pazienti sembra che la collusione psicosomatica non si sia mai completata del tutto e che essi manifestino sintomi psicosomatici per esprimere questa parziale connessione.

Ancora devo citare Winnicott che parla proprio di questa esperienza in “Natura Umana” del (1988):

“Con quanta facilità si da’ per scontato l’insediamento della psiche nel corpo e si dimentica che anche questo è una conquista. Senza dubbio, tutti sono destinati a tale conquista. Per qualcuno il processo e ‘anche esagerato, forzato dai genitori che ricavano grande soddisfazione dalle prestazioni infantili. Anche coloro che sembrano vivere nel corpo possono sviluppare l’idea di esistere un poco al di fuori della pelle, e la parola “ectoplasma” sembra essere stata applicata a quella parte del Se’ che non è contenuta dal corpo. […] Si potrebbe dire, per tutti gli esseri umani, che nei momenti in cui le frustrazioni istintuali generano una sensazione di impotenza o di futilità, il fissarsi della psiche nel corpo si allenta, e bisogna affrontare un periodo di mancanza di relazione tra psiche e corpo. In situazioni di cattiva salute ciò può aggravarsi al massimo grado. L’idea del fantasma, di uno spirito incorporeo, deriva da questa mancanza di ancoramento fondamentale della psiche nel soma, e il valore delle storie di fantasmi sta nel fatto che richiamano l’attenzione sulla precarietà della coesistenza di psiche e soma. […] E’ normale sentire lo psicologo che discute di un disturbo psicosomatico senza che venga fatto nessun accenno al valore positivo che ha per il paziente l’ancoramento di qualche aspetto della psiche a qualche parte del corpo. Alla base del disturbo psicosomatico c’è un’angoscia psicotica, anche se in molti casi, ai livelli più superficiali, possono essere chiaramente visibili fattori ipocondriaci o nevrotici.

Non c’è nessuna identità intrinseca tra corpo e psiche. Per come noi osservatori vediamo la cosa, il corpo è essenziale alla psiche, che dipende dal funzionamento cerebrale e che nasce come organizzazione dell’elaborazione immaginativa del funzionamento corporeo. Dal punto di vista dell’individuo che si sviluppa, però, il Se’ e il corpo non sono intrinsecamente sovrapposti uno all’altro; d’altra parte, per avere una condizione di salute è necessario che tale sovrapposizione divenga un dato di fatto, così che l’individuo possa arrivare a permettersi l’identificazione con ciò che, in senso stretto, non è il Se’. La psiche gradualmente viene a patti col corpo, di modo che alla fine, in condizioni di salute, si stabilisce una situazione in cui i confini del corpo sono anche i confini della psiche“ (pp.121-124).